LA GIOSTRA

 

 

In paese è arrivata una giostra con i cavalli imbalsamati.

Il nonno Venanzio aveva drizzato le orecchie quel pomeriggio al centro anziani.

Era stato allevatore di cavalli. Non aveva mai avuto una grande scuderia ma i cavalli allevati erano sempre stati apprezzati e ricercati in tutte le fiere dei dintorni. Aveva sempre nutrito per quelle magnifiche creature ammirazione e venerazione ed ora saperli ridotti a fare il girotondo su e giù per fiere e mercati alla mercé di bimbi capricciosi….gli dava fastidio. A malapena aveva sopportato di vederli utilizzati nei circhi, condizionati dalle urla dei domatori e ubbidienti ai loro colpi di frusta.

Il cavallo secondo lui, doveva essere aggiogato o cavalcato; fare corpo unico con qualcosa o qualcuno, come un carro, una carrozza o con l’uomo.

Per anni, con la sua Linda aveva fatto il “cartuné” il carrettiere nella sua valle. Linda era di un bel manto leardo con il ciuffo bianco e la stella nera in fronte. Quanti sacchi di farina avevano trasportato al mulino Varesio.

Ora quella notizia della giostra lo aveva incuriosito e turbato. “Qualcuno ha anche il puledrino al fianco” – era stato il commento di tutti quelli che l’avevano già vista in quei giorni.

Un pomeriggio Venanzio andò in paese a vedere la giostra dei cavalli.

La giostra era grande, enorme, occupava quasi tutta la piazza, intorno c’erano i banchi dei venditori di torrone, di zucchero filato, del tiro a segno.

I cavalli erano undici, tre con il puledrino accanto. La giostra girava, i cavalli sfilavano lentamente; avevano mantelli consunti in taluni punti dallo sfregamento di chi li aveva cavalcati negli anni. Una leva infilata sotto e dentro la pancia, imprimeva ai cavalli un movimento ondulatorio che dava l’impressione che stessero veramente trottando.

Venanzio sentiva pulsare dentro un’emozione grande, una sofferenza nostalgica.

I cavalli non erano imbalsamati….erano stati perfettamente ricostruiti con una anatomia quasi perfetta. Vi era il cavallo rampate e quello che imitava il galoppo. C’era il sauro, il morello, il baio. Venanzio non credeva ai suoi occhi, eppure proprio i suoi occhi gli dicevano che non si sbagliava….un ricordo, una eco, altre assonanze di un antico rapporto riemersero dall’inconscio ed esplosero. L’aveva riconosciuta subito quella bella creatura nel lento girare della giostra.

Era Linda, la sua Linda ormai vecchia. Erano trascorsi trent’anni. Venanzio aveva occhi solo per lei. Gli parve che la cavalla a ogni sobbalzo che faceva sotto la spinta del braccio della leva, stesse per spiccare un salto verso di lui. Linda aveva gli occhi fiammeggianti. Una luce rossa e gialla negli occhi, un po’ di nitriti mescolati alla musica d’organo creavano un bell’effetto!

Sulla strada del ritorno Venanzio era preso nel pensiero delle luci e dei nitriti.

Nel vortice di quei pensieri, Venanzio quella sera faticò ad addormentarsi…poi tutto seguì come in un sogno, uno di quei sogni brevi, ma intensi. Venanzio montò in sella a Linda e cominciò ad accarezzarla. Il pelo vibrava, era calda di vita.

La giostra si mosse, dapprima lentamente, poi aumentò di velocità. La musica assordante contribuì a rendere più allucinante il diabolico carosello.

10 Risposte a “LA GIOSTRA”

  1. Che bel racconto è che storia. In vissuto da ricordare e questo scritto stampato e riposto nel cofanetto dei ricordi da tramandare. Le origini sono anche emozioni anzi quelle che immedesimo nel leggerti

  2. Ho trovato questo racconto molto tenero. Un racconto dal sapore nostalgico.
    Carissima amica devo dire che non hai perso la penna magica…sempre bravissima.
    Solo una volta nella mia vita ho avuto modo di vedere da vicino una giostra con i cavalli…se ricordo bene in un parco dei divertimenti, quando i miei figli erano piccolissimi. Non parliamo di cavalli veri. Vidi i cavalli delle guardie in un giardino di Roma e vidi il cavallo del fruttivendolo che negli anni 60 arrivava dove ancora non c’erano negozi.

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